Nanny, maternità e migrazione in thriller 'famigliare' - TV KriTere.com

(ANSA) - ROMA, 29 GEN - Una "lettera d'amore alle madri ai margini della società, alle madri migranti, a chi è venuto in Ameirca e ha lasciato i figli nel Paese d'origine per creare per loro un futuro migliore". Così la regista nata ad Atlanta, di origini sierraleonesi Nikyatu Jusu, descrive la sua opera prima, Nanny, dramma famigliare /thriller soprannaturale con accenni horror interpretato da Anna Diop e Michele Monaghan, che ha vinto il premio principale,e l'U.S. Grand Jury Prize per la sezione Dramatic al Sundance Film Festival. Protagonista della storia è la 26enne Aisha (Diop) senegalese emigrata a New York, dove lavora senza Green card come tata, prendendosi cura della piccola Rose (Rose Decker), figlia di una coppia borghese liberal in crisi, composta da Amy (Monaghan), dirigente d'azienda che cerca di tenere tutto sotto controllo ma inizia ad andare in pezzi e Adam (Morgan Spector), photoreporter e seduttore seriale. Aisha ha come principale obiettivo mettere da parte i soldi per portare suo figlio, Lamine, di cui sente sempre più la mancanza, a vivere con lei negli Stati Uniti.
    Tuttavia le tensioni crescenti con i datori di lavoro (Amy non la paga quanto dovrebbe, Adam tenta delle avances) e una serie di visioni inquietanti, con suggestioni che arrivano da figure potenti e pericolose della mitologia africana, come Anansi, dio metà uomo metà ragno, e la dea sirena Mami Wata, rendono sempre più labile per lei il confine tra realtà, delirio e incubo. Un viaggio che la porta a confrontarsi con il lutto e la rinascita.
    Le due figure mitologiche "aiutano Aisha a capire come porsi in un sistema estraneo, costruito su idee razziste - spiega la regista -. La ispirano a ritrovare la sua forza interiore e a reagire quando necessario piuttosto che essere una servitrice docile e umile. Inoltre, vogliono farle arrivare un messaggio legato al suo passato, presente e futuro". Aisha "ritrova una tenacia che non sapeva più come utilizzare. E' debilitante essere sottoposti a messaggi e a un immaginario che ci mortificano. Volevo raccontare un personaggio che per intervento divino si ricorda di essere una guerriera". (ANSA).
   


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