Rohrwacher, noi donne sappiamo creare nostre regole - TV KriTere.com

(ANSA) - ROMA, 11 FEB - Una famiglia, nata, tra toni da
favola, negli anni '50 a Beirut, che rischia di dissolversi a
confronto con la guerra civile in Libano degli anni '70. Un
racconto ispirato dalla vicenda reale di sua nonna, che la
franco libanese Chloé Mazlo, già pluripremiata autrice di corti,
mette in scena, arricchendo la narrazione live action, con
inserti di stop motion e altre forme di animazione, nella sua
opera prima, I Cieli di Alice. Il film, dopo la selezione della
Semaine de la Critique per Cannes 2020 ('saltato' per il Covid)
arriva dal 15 febbraio nelle sale e su Iwonderfull, la
piattaforma streaming di I Wonder Pictures in collaborazione con
Mymovies. Nel ruolo della protagonista, Alice, c'è Alba
Rohrwacher, a finaco di Wajdi Mouawad, nella parte del marito
Joseph.
Quello del personaggio "è un percorso che mi corrisponde"
spiega nell'incontro in streaming con i giornalisti l'attrice,
che frequenta sempre di più i progetti internazionali, di cui
molti diretti da donne come La figlia oscura di Maggie
Gyllenhaal, che ha appena ricevuto tre nomination agli Oscar.
"E' certo che noi donne siamo in grado di creare nostre regole
nuove. Ne incontro tante che hanno molto da dire e lo sanno
esprimere in maniera molto coinvolgente. Poi mi piace molto
anche lavorare in lingue che non sono l'italiano, un passo in
più per allontanarmi da me stessa ed esplorare dei territori a
volte estremi". In I Cieli di Alice, c'è "un universo lontano
dal mio, e ho sentito che mi ci sarei potuta trovare a mio agio.
Io come Alice mi sono trovata, da straniera, ad essere accolta
in una comunità, nella cultura libanese, basata sull'accoglienza
e la generosità. E' stato un privilegio... basta pensare che sul
set, dove si era creata una vera atmosfera di famiglia, i
vicini venivano a portarci i dolci fatti i casa".
Alba Rohrwacher, che ritroveremo nell'opera prima di Jasmine
Trinca, Marcel! e personaggio 'narrante' nel documentario di
Mark Cousins, Marcia su Roma, ha amato la possibilità di "poter
giocare su più linguaggi, in una storia che spaziava in
territori poetici molto inusuali per il cinema". (ANSA).