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Riccardo Marcuzzo questa settimana ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera dove ha ammesso che, proprio come Sangiovanni, è stato costretto a prendersi un periodo di pausa per curare la propria mente.
“Dopo Amici ho vissuto tre anni molto importanti dove però non ero padrone del mio destino, infatti tante volte sfogavo la mia solitudine e la mia rabbia, la gabbia dorata in cui mi sentivo, nel mio essere impulsivo. Così ho fatto un po’ di cavolate. Dovevo per forza seguire le logiche del mercato e a un certo punto mi sono incagliato. Tutto questo è successo piano piano, non te ne rendi conto subito perché intanto le cose vanno velocissime e non puoi fare pause. Non voglio neanche imputare la colpa alle persone che avevo intorno perché veniva tutto anche da me: era un sistema drogato e volevamo sempre di più”.
Riccardo Marcuzzo all’epoca era seguito da Francesco Facchinetti, suo manager. “Quello era un team che non avevo scelto io. Dopo un talent, i primi che ti contattano e ti danno sicurezza, li prendi. Con Francesco quando le cose andavano bene era tutto meraviglioso, ma a volte sentivo di voler fare determinate cose che lui non mi passava o magari aveva semplicemente altre idee”.
Riccardo Marcuzzo: “Sanremo 2020? Non volevo neanche farlo”
E sul Festival di Sanremo del 2020, il primo di Amadeus, in cui arrivò ultimo:
“Ero già in crisi. Io non avrei voluto farlo, ma ero talmente assuefatto che dicevo sì a tutto. In quel periodo volevo proprio auto-sabotarmi, quindi non c’erano i presupposti. Sul palco non stavo bene, ero asettico, non sentivo neanche la tensione. Poi, due settimane dopo, è scoppiata la pandemia e, nel male, quello mi ha costretto a fermarmi. […] Non l’ho mai voluto dire perché avevo paura. Ero orgoglioso, molto competitivo. Non avevo il coraggio di dire “sono in crisi, non sto bene, mi fermo”, ma poi ti rendi conto che non puoi farcela da solo e tante persone al tuo fianco non ti supportano come potrebbero”.
“Era depressione”
Al suo malessere Riccardo ha dato un nome: depressione.
“Essendo stato un percorso graduale, ti rendi conto dopo di essere caduto in depressione. Ora come ora potrei dire di sì perché stavo male male. Faticavo a dormire, non avevo voglia di fare niente. Ero svogliato e totalmente apatico, non mi impressionava nulla, come fossi avulso e trasparente. Ho fatto terapia per un periodo e poi mi ha aiutato avere altre passioni. Sono laureato in design e durante la pandemia mi ha dato un appiglio. Poi ci sono le persone che ti vogliono bene davvero, e quelle rimangono. Perché tutte le altre, invece, scompaiono: chi scriveva per convenienza, non ti scrive magicamente più”.
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