Aumentano gli stipendi delle forze dell'ordine, ma i sindacati attaccano: "Calpestati i diritti dei lavoratori"
È stato firmato il contratto per il personale del comparto Difesa-Sicurezza relativo al triennio 2022-2024. L’accordo coinvolge circa 430.000 unità non dirigenziali appartenenti a forze di polizia e forze armate, con incrementi economici e nuove garanzie normative e presenta anche alcuni aumenti che però vengono contestati dai sindacati. Vediamo cosa cambia nel dettaglio.
I dettagli dell’accordo
Il contratto prevede un beneficio medio mensile di 198 euro, di cui circa 173 destinati a stipendio e indennità fisse, e il restante al trattamento accessorio. Gli aumenti salariali netti partono da circa 100 euro per le qualifiche di base, salendo con le qualifiche superiori. In termini percentuali, l’incremento sarà del 5,89% nel 2024, del 6,11% nel 2025 e del 6,15% nel 2026.
L’accordo introduce inoltre nuove indennità specifiche per settori come il cyber, il controllo del territorio e le unità cinofile, e amplia le esistenti, incentivando attività specializzate come quelle degli operatori subacquei o degli equipaggi fissi di volo.
"Fin dall’inizio abbiamo assunto un impegno chiaro: valorizzare il grande lavoro delle forze di polizia e, al di là delle affermazioni di principio, riconoscere con i fatti l’importante contributo che ogni giorno offrono al nostro Paese – ha sottolineato il ministro dell'Interno Piantedosi, che ha aggiunto - è un impegno che stiamo mantenendo. Questo accordo ne è la prova tangibile e testimonia, al contempo, la nostra gratitudine per tutti coloro che ogni giorno, con dedizione e professionalità, sono in prima linea per garantire ai cittadini sicurezza e legalità". Ma non tutti sono d'accordo.
Le dure reazioni dei sindacati: "Gli aumenti non tengono il passo dell'inflazione"
Daniele Colapietro, segretario generale del Silp Cgil, ha definito l’accordo una "resa amara di fronte a vincoli che calpestano i diritti dei lavoratori". Secondo Colapietro, le risorse stanziate dal governo sono insufficienti per affrontare l’aumento del costo della vita, che ha registrato un +17% rispetto al 2021.
"Gli aumenti salariali del 5,78% non coprono l’inflazione e significano impoverire ulteriormente i poliziotti e le loro famiglie. La svalutazione finale degli stipendi potrebbe superare l’11%, un dato inaccettabile", ha aggiunto Colapietro, ricordando che nei due contratti precedenti gli aumenti erano stati pari al 3,48% e al 4,07%, rispettivamente con un’inflazione dell’1,8% e del 2%.
Inoltre, il sindacato ha denunciato criticità nel sistema previdenziale del comparto sicurezza, già sottoposto a pesanti tagli, e ha espresso forte contrarietà all’ipotesi di innalzamento dell’età pensionabile a 70 anni prevista nel disegno di legge di bilancio per il 2025. "Questo è in contraddizione con le esigenze specifiche del nostro lavoro, dove età e condizioni psico-fisiche sono fondamentali" ha ribadito Colapietro.
Anche altre sigle sindacali, come Sim Cc, Usic, Usmia Cc, Siulcc, Usif e Silf, pur riconoscendo alcuni progressi, evidenziano aspetti economici e normativi ancora insoddisfacenti. "L'adeguamento delle retribuzioni è inferiore di quasi due terzi rispetto all'aumento dei prezzi al consumo registrato nel periodo di riferimento (2022-2024) e il lavoro straordinario continuerà a essere sottopagato" sottolineano, in un comunicato congiunto.
Un'insoddisfazione palese insomma, che potrebbe trasformarsi in una spina nel fianco per una maggioranza che ha fatto della sicurezza il suo cavallo di battaglia.